Su disabilità e inclusività nel gioco di ruolo

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Su disabilità e inclusività nel gioco di ruolo

Torniamo a parlare dell’articolo di Alessio Lana, “Dungeon senza barriere, largo all’eroe disabile”, pubblicato il 26 Gennaio sul Corriere della Sera. Abbiamo volutamente lasciato passare qualche giorno per parlare sui social come interessa a noi, ovvero in modo riflessivo e costruttivo, non ci vuole né fretta né enfasi e abbiamo ritenuto necessario evitare di impattare nella natura comunicativa fortemente polarizzante di questi canali.

L’articolo, per chi non lo avesse già letto, si trova qui -> http://bit.ly/36l7BCg  e, detto molto succintamente, riporta dell’uscita di un nuovo manuale per la quinta edizione inglese di D&D che ha come peculiarità il fatto di presentare un intero dungeon senza barriere architettoniche e la possibilità di creare personaggi con disabilità, caratterizzati anche con miniature appositamente scolpite.

Parallelamente all’infiammarsi dei pro e contro nei vari gruppi di gioco e profili di Facebook, si è discusso dell’argomento in seno al Consiglio Direttivo di Federludo.
Non è un argomento che poteva lasciarci indifferenti, assolutamente, in parte perché, da quando la federazione si è costituita, uno degli obiettivi che si è posta è quello di fare attenzione quando “si parla di gioco” a livello di stampa nazionale e di monitorare il corretto uso delle terminologie ludiche, quasi una sorta di “controllo di qualità” dell’informazione giornalistica in relazione al gioco, ma anche perché “col cuore” tutti noi siamo convinti dell’importanza che questi argomenti vengano affrontati; per sensibilizzare serve dare evidenza e affrontare i pregiudizi in modo corretto e consapevole.

Riteniamo infatti un elemento positivo avere attenzione e riflessione rispetto alla disabilità anche nella comunità del gioco di ruolo, per sua natura inclusivo e aperto nei propri orizzonti; niente deve essere dato per scontato, e che proprio il capostipite dei giochi ruolo, Dungeons & Dragons, senta l’importanza di affrontare il problema, è chiaro che ne rafforzi la valenza.
Sul tema disabilità, proprio attraverso questi strumenti meravigliosi e versatili che sono “il gioco” e “il giocare” c’è chi fa progetti importanti, sostenuti da basi scientifiche e di ricerca, che non stiamo qui a citare, anche se tra noi lo abbiamo fatto, in positivo.

Ci siamo dunque interrogati perché, pur avendo l’articolo in questione presentato la notizia con cognizione di causa e correttezza, si siano scatenate reazioni così contrastanti e anche molto forti, all’interno della intera comunità ludica. Torniamo a parlarne, prestando attenzione non all’articolo in sè, ma a cosa estrapolare come obiettivo su questo richiamo all’attenzione verso la disabilità e, di rimando, sull’inclusione.

Lo ha fatto per noi Carlo Maria Gervasio, presidente dell’associazione di promozione sociale La Plancia Piena di Molfetta (BA), membro del Consiglio Direttivo di Federludo, disabile.
Abbiamo deciso di riportare le sue parole e la sua visione per intero; buona parte di noi, al nostro interno, ha condiviso il suo pensiero, ma vi sono stati anche punti di vista differenti.
E’ questo, anche, un carattere peculiare della nostra grande Federazione, composta di teste e sensibilità diverse, in costante dialogo e capace di esprimersi anche nella differenza di vedute. L’importante per noi è infatti capire, e reputiamo che questa testimonianza ci aiuti a farlo, aggiungendo un punto di vista complementare rispetto a quanto detto altrove. Ci piace lanciare dadi ma senza chiuderci nella “stanza profonda” ermeticamente separati dal resto del mondo.

<< Mi sono imbattuto nell’articolo “Dungeon senza barriere, largo all’eroe disabile” che tratta il tema della disabilità e dell’inclusione applicata ai giochi di ruolo e l’argomento mi ha attratto immediatamente in quanto mi investe in pieno, come giocatore appassionato sia di giochi da tavolo che di giochi di ruolo, sia come disabile.
Quello che ritengo importante sottolineare prima che leggiate e che siate o meno d’accordo con me, è che la fantasia non è affetta da disabilità: l’inclusione non è una necessità immaginaria; le barriere da abbattere, che siano architettoniche o mentali, non sono nei mondi immaginari dei giochi, ma in luoghi e contesti ahimè molto reali.
L’intenzione di partenza è sicuramente buona, ma mi chiedo, relativamente al promuovere l’avventura “senza scale ma solo rampe”: siamo certi che sia il modo giusto di sensibilizzare?
Personalmente, trovo questo tipo di iniziative a favore delle minoranze (che trattino la disabilità, l’orientamento o l’identità sessuale o ancora altro) sempre più frequenti nelle comunità di gioco e  discutibili o, talvolta, controproducenti, per il rischio di andare ad etichettare ancora di più le persone interessate.
Il rischio che si corre è che passi l’idea, anche sottointesa, che “i disabili per giocare hanno bisogno di qualcosa adattato a loro, anche nei contenuti”, cosa assolutamente non vera.
Certo, la “disabilità” è un mondo vastissimo, che racchiude migliaia di casi e problematiche diverse e non si può generalizzare facilmente, nemmeno io che la vivo voglio permettermi di farlo.
Ma in questo caso, non si sta parlando di un adattamento della “forma” per renderlo accessibile (ad esempio un regolamento scritto in linguaggio Braille per renderlo fruibile ai non vedenti o un sistema di visualizzazione per non udenti), ma di una modifica dei “contenuti”, con un risultato quantomeno inverosimile se contestualizzato nell’ambientazione (mi viene difficile pensare che in epoca medioevale venissero realizzati castelli o segrete pensando all’abbattimento delle barriere architettoniche o che un re assoldasse tra i suoi cavalieri qualcuno in sedia a rotelle per proteggerlo).
Dal mio punto di vista e per quello che è la mia esperienza personale, il mondo dei giochi di ruolo e da tavolo è un mondo popolato da persone intelligenti, di cultura e soprattutto variegato, frutto proprio della tipologia di intrattenimento ludico stesso che lo definisce.
Pertanto probabilmente non c’è bisogno di tali interventi “ad hoc” perché un disabile si senta coinvolto o meno con i suoi amici, disabili e non, attorno a un tavolo.
E se ne sentissero la necessità, nulla nei regolamenti già esistenti vieta di inserire elementi nella storia che sensibilizzino i giocatori sull’argomento.
Al più ritengo che sarebbe maggiormente efficace inserire esempi di questi elementi all’interno dei manuali base già esistenti, come spunti per i più “pigri”, lasciando ai giocatori la scelta del “se” e “quando” inserirli (per es. nella scheda equipaggiamenti inserire delle voci come “protesi”, “bastone da passeggio” o “ausilii”) oppure far provare sì il ruolo dell’avventuriero disabile, ma senza bisogno di andare ad agevolargli la via.
Non serve togliere le scale nei dungeon; aiutiamo piuttosto a capire cos’è la disabilità nell’affrontare una scala se si è costretti sulla sedia a rotelle, e anche cosa significa “inclusione”, scoprendo come il gruppo agisce e riesce a supportare il personaggio meno fortunato. >>

Sono chiare e condivisibili le riflessioni del nostro Consigliere Gervasio, frutto di una maturata sensibilità esperienziale che lo coinvolge in prima persona.
Ci teniamo a sottolineare, ancora una volta, come altre sono state le considerazioni di una parte di noi che ha invece apprezzato l’iniziativa, ricordando come già su altri temi, ad esempio relativamente al tema dell’identità di genere, il prodotto D&D si era reso protagonista di un’importante discussione, cercando di introdurre al tavolo da gioco elementi utili a discutere, se non si ritiene adeguato il termine “sensibilizzare”, giocatori e giocatrici di tutte le età.
Perchè, nonostante tutto, che si sia favorevoli o contrari all’introduzione di queste tematiche nei manuali di gioco, rimaniamo fortemente convinti che, soprattuto per i più giovani, ci sia ancora una grande necessità di informare, rendere consapevoli, sensibilizzare ed educare all’inclusività e alla diversità.
Inoltre, e lo stiamo ripetendo da tempo, l’esperienza di gioco, quando moderata e mediata attraverso la guida di persone esperte ed elaborata nelle fasi di debriefing, è uno degli strumenti di apprendimento che abbiamo a disposizione.